PUNTI DI VISTA | PER UNA BIOGRAFIA DELLA FAME
Quattro punti di vista under 30:
Osservo un mondo cinico, ma non credo di parteciparvi.
Con queste parole la scrittrice Amélie Nothomb, autrice di Biografia della fame, descrive il suo rapporto con l’alterità.
Nella messa in scena delle Brugole l’elemento “altro” – il mondo esterno alla protagonista – è appiattito, ridotto ad uno schermo e ad alla debole presenza scenica di Anna Resmini, illustratrice in presa diretta e mutevole supporto dell’accorato monologo interpretato da Annagaia Marchioro. Ad emergere è sopratutto una psicologia, rappresentata con tutta la forza evocativa del testo; una personalità a tutto tondo, ora malata ora in via di guarigione, la cui tridimensionalità esprime e risveglia un’angosciosa fame di vita.
Giulio Bellotto, giovane critico, 21 anni, Milano
La madre di Annagaia le ha detto che l’amore bisognava meritarselo, e da allora lei ha sempre avuto una gran fame di zucchero: sapeva da subito che inghiottire cioccolata di nascosto sarebbe stato un modo più sensato di accrescersi rispetto che tendere a quell’approvazione. Tuttavia la sua vita continua a oscillare tra queste due polarità, da una parte l’intelligenza naturalmente infusa nel suo tessuto adiposo, l’edonismo trascendente e deliziosamente masochistico della sua fame, dall’altra l’utopia dello sforzo, dell’affinamento e della negazione di sé, del digiuno. Le Brugole ci raccontano la storia di Amélie Nothomb ridisegnandola – letteralmente – sulla pelle di Annagaia e impastandola coi suoni del suo dialetto, in un sommarsi di forme semplici. Ne emerge uno spettacolo ad alto tasso glicemico ma con momenti piacevolmente amari, aperto a un pubblico molto ampio.
Anna Cingi, giovane critica, 23 anni, Reggio Emilia
Cibo e amore, cibo e odio: Per una biografia della fame parla dell’ontologia dell’Io e del rapporto col cibo: è un viaggio nella “topografia” del delirio psico-somatico di una giovane donna che non si sente amata, guardato con la lente di ingrandimento. La sensazione dell’avere fame diventa metonimia di una relazione sentimentale e edonistica con il cibo e condizione ontologica di un io fragile e complesso. Un percorso biografico individuale e un iter umano di portata universale di facile identificazione. Una finestra sulle abitudini dell’uomo, sulle mancanze quotidiane, sulla sete (alcool) e fame (cibo) di vita.
Lavinia Morisco, giovane critica, 29 anni, Bologna
Ritratto del rapporto della nostra società con il cibo, di donna e la sua proiezione nel mondo. Un dialogo senza interlocutore, se non lo spettatore che, tra sorrisi di ammiccamento e un atteggiamento sinceramente solidale, non può far a meno di sentirsi colpito, vittima e carnefice dei nostri tempi.
Renata Savo, giovane critica, 27 anni, Roma