Il Teatro di Gualtieri sorge all’interno del monumentale complesso di Palazzo Bentivoglio, grande fortezza-palazzo, sorta tra la fine del 1500 e l’inizio del 1600 per volere di Cornelio Bentivoglio e del figlio Ippolito.
PALAZZO BENTIVOGLIO
Palazzo Bentivoglio spicca nel centro storico di Gualtieri con mole monumentale e appare addirittura fuori scala rispetto al resto dell’abitato. Per certi versi lo si potrebbe guardare come una seicentesca “cattedrale nel deserto”, anche se per la storia da cui origina potrebbe essere più appropriato considerarlo una monumentale fortezza nella palude.
Le origini del Palazzo risalgono infatti all’arrivo a Gualtieri di Cornelio Bentivoglio, inviato “in missione” da Alfonso II d’Este negli anni ’60 del Cinquecento. Il compito affidato a Cornelio è quello di risolvere i problemi legati alla bonifica del territorio, in un periodo storico in cui frequenti inondazioni e un aumento demografico inaspettato rendono urgente il recupero dei terreni a coltivo.
Cornelio Bentivoglio si infeuda a Gualtieri il 24 luglio del 1567 e mette in campo una serie di grandi opere di arginatura dei torrenti (in particolare il Crostolo che viene fatto sfociare in Po) e di risistemazione coerente e organica dei sistemi di bonifica precedenti.
L’opera di ingegneria idraulica in assoluto più importante che viene attribuita a Cornelio è la cosiddetta “Botte Bentivoglio”, un sottopassante in muratura che permette a tutte le acque raccolte a ovest del torrente Crostolo di passare sotto al Crostolo stesso, per essere successivamente convogliate nel torrente Secchia nei pressi di Moglia.
Parallelamente alle opere di bonifica Cornelio inizia a progettare l’edificazione di un grande palazzo di corte e di una piazza monumentale.
Il progetto di Cornelio dalle imprese di ingegneria idraulica, ai piani architettonico-urbanistici, sembra sia quello di portare Gualtieri e il suo territorio nella modernità del Rinascimento.
L’opera di edificazione di Palazzo Bentivoglio tuttavia non viene iniziata da Cornelio che muore nel 1585. Sarà il figlio Ippolito a portarla avanti coinvolgendo nella progettazione Giovan Battista Aleotti, detto l’Argenta, architetto di corte degli Este. I lavori di edificazione di Palazzo Bentivoglio, e della piazza monumentale antistante ad esso, vengono portati a termine tra il 1594 e il 1600.
Il periodo aureo dei Bentivoglio si conclude già nel 1634, quando gli Estensi riprendono possesso del marchesato di Gualtieri ricompensando Enzo, secondogenito di Cornelio, attraverso l’affidamento del feudo di Scandiano. Palazzo Bentivoglio diviene possedimento secondario di feudatari non residenti che affidano ad amministratori più o meno fidati le sorti dell’edificio.
La prima metà del Settecento per Palazzo Bentivoglio rappresenta un periodo di vero e proprio declino. Il palazzo sarà alloggio di milizie durante le guerre di successione settecentesche e verrà spoliato e vandalizzato.
La prima metà del Settecento per Palazzo Bentivoglio rappresenta un periodo di vero e proprio declino. Il palazzo sarà alloggio di milizie durante le guerre di successione settecentesche e verrà spoliato e vandalizzato.
Le sorti del palazzo subiscono una svolta il 28 settembre 1750 quando il Consiglio Comunale decide quasi all’unanimità (14 palle bianche contro una nera soltanto) di acquistare il complesso monumentale direttamente dagli Este.
La compravendita si conclude il 25 febbraio del 1751 al prezzo di 100.000 lire (moneta di Modena).
Con l’acquisto da parte dell’amministrazione locale Il palazzo perisce signorile e risorge comunale pronto a rispondere più strettamente alle esigenze della popolazione.
L’esigenza più urgente sembra sia quella di costruire dei “pennelli” frangi-corrente per arginare il pericoloso spostamento dell’alveo del fiume che erode l’argine maestro. È così che nello stesso 1751 vengono demoliti i tre quarti del palazzo (con ogni probabilità già parzialmente in rovina) per ricavare il materiale necessario alla costruzione dei pennelli.
Ciò che rimane del palazzo si popola a questo punto di svariate funzioni civili.
Esso ospita “gli alloggi del Medico condotto, del Chirurgo e somministra i comodi per la pesa, per il Macello, per il Dazio della ferma, salina e granai per le sue moliture, e quartiere alla guardia della ferma, oltre i magazzeni inservienti ai bisogni pubblici”.
Il Palazzo, proprietà principesca oramai in disuso, tornando ai gualtieresi riprende vita: parzialmente alleggerito della sua mole diviene ricettacolo delle attività più diverse. Ed è proprio su questa linea e solo a questo punto che dall’iniziativa dell’architetto Giovan Battista Fattori, a Gualtieri nasce il primissimo teatro.
“È già noto alla maggior parte delle Signorie Vostre Molto Illustri il nobile pensiero, in alcuni dilettanti di questa terra, di venire, cioè, alla formazione di un Piccolo Teatro. […] Nel pubblico palazzo trovasi a terreno un sito, che si riconoscerebbe adatto all’intento, e sono le due camere, una delle quali è compresa nel quartiere accordato al Signor Medico Chirurgo, e l’altra contigua goduta dal Chirurgo.”
Giovan Battista Fattori
IL TEATRINO DEL 1775
Il teatrino settecentesco nasce per iniziativa dell’ingegner-architetto Giovan Battista Fattori nel 1775. Fattori, messosi a capo di alcuni giovani gualtieresi appassionati delle arti sceniche, il 13 gennaio 1775 chiede alla comunità di poter costruire un piccolo teatro, avvalendosi delle camere a pian terreno di Palazzo Bentivoglio, occupate allora dal medico, e dal chirurgo.
La comunità approva l’iniziativa che ha lo scopo (dice la delibera relativa) di “impiegare la gioventù di questa giurisdizione in onesti divertimenti e per istruirla e renderla vantaggiosa e liberarla dall’ozio in certi tempi dell’anno e far nascere tra questa una profittevole emulazione.”
È così che il 16 marzo l’architetto Fattori viene chiamato in consiglio perché da tecnico si occupi della progettazione e del calcolo dei costi. Il Comune stanzia 2.000 lire sul progetto, nonostante Fattori e i il gruppo di giovani appassionati di teatro si fossero offerti di contribuire personalmente alla spesa complessiva.
Cominciano i lavori. Viene abbassato il piano di calpestio del pian terreno; nei locali a sud della sala principale vengono ricavati l’atrio, la biglietteria, il caffè e un camerino; viene costruito l’alveare ligneo del doppio loggiato di palchetti ed infine viene aperto un accesso diretto sulla piazza chiuso da un grosso portone. Sorge così un piccolo teatro all’italiana in legno, con struttura a ferro di cavallo e due ordini di palchi.
Il teatro, di buona fattura barocca, doveva avere dimensioni molto inferiori rispetto a quelle attuali: la sala alta non più di sei metri, larga otto e profonda circa undici aveva volume complessivo inferiore alla metà della sala odierna. Il palcoscenico, spalle al muro, si appoggiava ad un antico scalone cinquecentesco: era largo otto metri e profondo circa sette.
Del teatrino del Fattori sino a qualche anno fa sembrava non rimanesse alcuna traccia. Nel 2011 durante i lavori di restauro del tavolato storico della platea portati avanti dall’Associazione Teatro Sociale di Gualtieri (attraverso il progetto di recupero condiviso con la cittadinanza denominato Cantiere Aperto) sono stati intrapresi dei lavori di scavo per il risanamento del sottofondo della platea novecentesca, ed è stato scoperto un pavimento in cotto.
La pavimentazione con ogni probabilità è riconducibile alla pavimentazione del teatrino settecentesco vista la quota ribassata alla quale è stata ritrovata, che di fatto corrisponde alla quota individuata nel rilievo del teatro effettuata dal geometra Panizzi nel 1845.
Nel 1905 l’Amministrazione comunale socialista decide di procedere alla ristrutturazione e allampliamento del Teatro Principe andato in fumo. Il progetto è affidato al perito Vittorio Mazzoli, mentre le decorazioni verranno eseguite da Villa di Reggio Emilia.
IL TEATRO SOCIALE – 1905
Jean-Guy Lecat, scenografo e collaboratore di alcuni tra i più grandi drammaturghi e registi del mondo da Beckett a Dario Fo, da Ronconi a Peter Brooks, pronunciava queste parole durante le giornate di studio di Architettura & Teatro, convegno tenutosi a Reggio Emilia dal 2004 al 2006 al Teatro Cavallerizza. Lecat mette in guardia rispetto ai rischi di quelli che potremmo definire “restauri totali”, che altro non sono che veri e propri processi di “museificazione”.
La volontà di difendere il teatro da “restauri totali” non significa opporsi ad opere di restauro parziali, a consolidamenti o ad una progressiva rifunzionalizzazione degli spazi del teatro, anzi l’Associazione Teatro Sociale di Gualtieri lavora proprio in questa direzione. Per conoscere più nel dettaglio i progetti di riqualificazione messi in campo in questi anni e quelli che sono previsti per il futuro scopri il progetto Cantiere Aperto.
Furono analizzati tra gli altri proprio i problemi legati al fare rappresentazioni contemporanee nei teatri all’italiana. In particolare la tipologia del teatro all’italiana, con platea, palchetti e palcoscenico presenta una separazione tra pubblico e scena che il teatro contemporaneo ha già demolito da tempo.
A Gualtieri utilizzare il teatro a rovescio può essere un modo per risolvere anche questo problema: facendo digradare l’assito ligneo della platea sino al piano di calpestio dove un tempo sorgevano le strutture di sostegno del palcoscenico e dove ora vengono disposte le poltrone, si elimina ogni barriera tra sala e scena e si mettono in relazione direttamente performers e spettatori.
Per altri versi un teatro flessibile
Nell’ottica di mantenere il Teatro Sociale di Gualtieri aperto alle multiformi esigenze del teatro contemporaneo è stata prevista anche la possibilità di un utilizzo degli spazi nel verso “tradizionale”: pubblico in platea e attori e musicisti nella zona dove un tempo era il palcoscenico.
Anche in questo caso sullo sfondo si sviluppa una sorta di scena fissa col magnifico arco a sesto acuto che titanicamente regge il peso del tetto, mentre le antiche strutture murarie del palazzo divengono delle specie di quinte “naturali”. Ne risulta l’immagine di un teatro destrutturato.
Le strutture sceniche per luci, audio e regia sono state studiate proprio per potersi rovesciare e consentire il passaggio da un verso all’altro molto velocemente, tanto che spesso sono gli artisti stessi poche ore prima dell’inizio della rappresentazione a scegliere come utilizzare lo spazio.