La Molli
ven. 2 / 9 / 2016
ore 21.30
La Molli
Divertimento alle spalle di Joyce
di Gabriele Vacis e Arianna Scommegna
Sono confidenze sussurrate, confessioni bisbigliate quelle della Molli. Il monologo di Molly Bloom che conclude l’Ulisse di Joyce dal quale Gabriele Vacis – che ne è anche regista – e Arianna Scommegna prendono le mosse, del quale colgono le suggestioni e con il quale continuano a dialogare per tutto lo spettacolo, calando il personaggio in una quotidianità dalle sonorità milanesi e traslando il testo in una trama di riferimenti culturali, storie e canzoni, che hanno il sapore del nostro tempo.
Arianna Scommegna è sola sul palcoscenico, seduta al centro della scena; il suo monologo intenso, irrefrenabile, senza punteggiatura, senza fiato, è stretto tra una sedia, un bicchiere poggiato a terra e una manciata di fazzoletti ad assorbire i liquidi tutti, sacri e profani, di un vita di solitudine e insoddisfazione, come una partitura incompiuta. Il fiume di parole è lo stesso flusso di coscienza del personaggio di Joyce che riempie una notte insonne di pensieri e bugie, mentre aspetta il ritorno a casa del marito, Leopold, come la Molli aspetta Poldi.
L’attrice, in bilico tra il romanzo e la vita, ripercorre la propria esistenza di poco amore, infinite attese, occasioni mancate, dal primo bacio a un rosario di amanti da sgranare per mettere a tacere il vuoto, dal dolore di un figlio perduto fino a un finale ‘sì’ pronunciato comunque in favore della vita, dell’amore da una donna mai piegata alla rassegnazione. Le note dolenti si stemperano sempre nell’ironia e in una levità che tutto salva; il testo gioca sempre, costantemente, con il doppio registro denunciato fin dal sottotitolo, Divertimento alle spalle di Joyce. Frammenti di vita raccontati in modo ora scanzonato ora disperato, storie di carne e sangue, vita che scorre come lacrime, che si strozza in un grido o si scioglie in una risata.
“perché deve essere venuto 3 o 4 volte con quel tremendo bacchiolo grosso e rosso che io pensavo che la vena o come accidenti la chiamano stesse per scoppiargli […] una specie di grossa sbarra che sta ritta tutto il tempo doveva aver mangiato ostriche mi pare qualche dozzina aveva la voce in gran forma no non ho mai sentito nessuno in vita mia che ce l’avesse così grosso da sentirsene tutta piena deve aver mangiato un bove che idea farci così con quel gran buco in mezzo come uno stallone che te lo caccia dentro perché questo è tutto quel che vogliono da te” […]
James Joyce, Ulisse. Traduzione di Giulio De Angelis
di Gabriele Vacis e Arianna Scommegna
regia Gabriele Vacis
con Arianna Scommegna
produzione ATIR Teatro Ringhiera