Diss(è)nten di VicoQuartoMazzini

Otto punti di vista under 30:

«La parabola dei tre cessi diventa metafora della politica e dei suoi rifiuti sociali, civili, umani e morali. I mostri che si riuniscono in questo singolare gabinetto di governo sono le chiavi di volta di un mondo distopico e talmente inverosimile da non provocare alcun timore. La recitazione agisce come una lente attraverso la quale i difetti fisici e gli atteggiamenti dei personaggi rispecchiano e sottolineano la loro depravazione di moderni Tersite, asserviti o dissidenti a seconda dei loro interessi. VMQ sviluppa un racconto composito in cui luci e scenografia si affastellano nell’evocare un quadro desolante, una lezione criptica e una favola dall’oscura morale».

Giulio Bellotto, giovane critico, 21 anni, Milano

 

«Compagnia esperta e spettacolo consolidato e si vede. Michele Altamura, Riccardo Lanzarone e Gabriele Paolocà – bravissimi attori ex-allievi dell’Accademia Nico Pepe di Udine – ci trascinano nella stanza dei bottoni, che però non è un luogo sfavillante. La Compagnia VicoQuartoMazzini, attraverso una recitazione incalzante ed efficace, squarcia il velo e rivela i lati oscuri del potere: tutti li immaginiamo, tutti ce ne lamentiamo, ma raramente ci riflettiamo. Forse è ora di iniziare a farlo realmente. Iniziamo da qui?»

Alessia Calzolari, giovane critica, 28 anni, Milano

 

«Appendice ultima del mondo è il cesso. Il sistema di potere dei tribuni inverte la piramide conficcandola verso un basso di deiezioni che alimentano spinte autoritarie utili alla felicità di tutti. Dissentire è possibile? Avere dubbi ha senso oltre il muro del suolo? Lo spettacolo è una riflessione profonda e senza rispetto della risalita verso il basso che sembra essere l’itinerario obbligato dei giorni nostri, al di qua dei cessi, dove “è stato abolito il dopo”».

Stefano Cangianogiovane critico, 26 anni, Napoli

 

«Una dimensione sotterranea, grottesca, di colore un po’ espressionista e un po’ Burtoniana, chiusa nello spazio di un cesso pubblico. Qui si coltivano le trame di politici-demiurghi onnipotenti, qui si consuma il dissenso dei loro sottoposti ridotto a un atto di masturbazione. Si parla di fede e di scarichi abusivi, di famiglia e di repressioni, riducendo tutto alla stessa sostanza sudicia, e poi, uscendo, ci si lava le mani. Il dialogo entra in risonanza con un’atmosfera tesa, astratta e familiare allo stesso tempo, inscritta nitidamente nello spazio».

Anna Cingi, giovane critica, 22 anni, Reggio Emilia


 

«Tre cessi. Tre subumani che li abitano, li sviscerano e li contemplano schifosamente.  Tre metafore, grottesche, nere e viscide di un potere –oggi più che mai- declinante e declinato nel peggior modo possibile. Una politica ripugnante che nasce negli abissi umani, nei bassifondi dell’anima e del corpo e che lì –costantemente- ritorna. Uno spettacolo amaro e saggio, ben fatto, ben costruito, ben recitato. Da vedere a stomaco vuoto e ad occhi ben aperti».

Silvia Ferrari, giovane critica, 28 anni, Vicenza

 

«Una riunione segreta in un luogo improbabile, una scenografia essenziale ma efficace, tre personaggi, tre pagliacci moderni e un complotto che renderebbe il mondo un luogo freddo e senza legami se non fosse per una piccola semplice parola, un atto di coraggio e di individualità: Dissento! Una scrittura originale e critica, una recitazione che rende i personaggi delle macchiette realistiche proprio nei loro eccessi in una società in cui il peggiore risulta il più vero».

Chiara Girardi, giovane critica, 23 anni, Roma

 

«La prova dei tre interpreti della compagnia Vico Quarto Mazzini in Diss(è)nten è estremamente matura per la giovane età degli artefici. Diss(è)nten è un affresco minimalista, grottesco e addirittura gotico, in taluni passaggi luministici e nell’articolazione di scene e costumi, costruito con grande abilità drammaturgica e compositiva. La scrittura è tradotta sulla scena in una sintesi solida che raccorda gli stilemi del noir e a quelli del teatro dell’assurdo venato d’espressionismo con un filo di epicità. Recitazione, tempi scenici ed equilibri testuali in perfetto equilibrio rendono possibile la dissacrante analisi del potere condotta dagli interpreti, in cui i meccanismi della sopraffazione e del consenso vengono svelati con iperbolica e feroce perizia. Surrealmente riuscito».

Giulia Morelli, giovane critica, 28 anni, Parma

 

 «Immerso in un interessante discorso sulla servitù volontaria, lo spettacolo azzarda nel finale, dove guadagna in termini di efficacia. Qualche indugio sulle caratterizzazioni non inficia la narrazione di uno spaccato immaginoso, di stringente attualità, di un’operosa civiltà sottomessa».

Giulia Muroni, giovane critica, 23 anni, Cagliari

 

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