This is the only level
La recensione dello spettacolo “This is the only level” della Compagnia Amor Vacui | Giulio Bellotto:
– Il Lavoro è un diritto fondamentale che non va smantellato.
– Lavoro, SOS giovani.
– Lavora con noi, stiamo cercando un candidato con le tue skills.
Così titolano i giornali, una rapida ricerca su internet e queste sono le parole che risultano. Dovrebbero descrivere il nostro modo di lavorare, di produrre, di vivere in comunità. Infatti secondo la Costituzione attraverso il lavoro, il cittadino partecipa alla vita civile e addirittura fonda lo Stato, ma questa concezione è talmente lontana dalla realtà e dagli orizzonti della cronaca giornalistica da essere definita senza esitazione “un ideale”.
La decisione della compagnia Amor Vacui di trattare proprio questo argomento è in primo luogo una scelta coraggiosa, tanto più apprezzabile in quanto è senza dubbio un tema da loro molto sentito: i tre interpreti sono giovani artisti che conoscono bene le difficoltà lavorative della loro generazione, per averle sperimentate in prima persona in un ambiente produttivo difficile e in perenni ristrettezze come quello teatrale. Il pubblico che a Gualtieri ha assistito al loro spettacolo This is the only level era probabilmente il più adatto: giurati, critici, giornalisti e curiosi erano per buona parte al di sotto dei 30 anni, appartenenti cioè a quella generazione nata negli anni ’80/’90 che si affaccia ora al mercato del lavoro in un incontro che il più delle volte si rivela uno scontro serrato fatto di CV, lettere motivazionali, colloqui e contratti precari. Ma ecco che sotto questi occhi, i più sensibili al tema, il palco si trasforma improvvisamente in uno schermo che ripropone i giochi dell’infanzia lontana e rimpianta, quando eravamo bambini, non venivamo ancora considerati dei bamboccioni e non dovevamo lottare per conservare i diritti ereditati dai nostri padri.
Una scenografia fatta dai cubi di Mario bros, un jingle da Game Boy, uno schema semplice e colorato in cui le regole sono apparentemente chiare. Un mondo di finzione, in cui il lavoratore viene disimballato dagli scatoloni, assemblato, istruito, installato, in cui l’azienda fa formazione e aggiornamento professionale. Lo spettacolo mette in scena l’ingenua concezione del lavoratore, il Giocatore livello 1, il protagonista la cui missione è sopravvivere in questo contesto fino all’inevitabile Game Over, in un’inesorabile oscillazione tra la finzione del ludus elettronico e l’illusione della realizzazione personale, del passaggio di livello. Questo patetico personaggio che per tutto lo spettacolo si muove sul palco in funzione delle luci, alla ricerca del suo posto in scena e in ufficio, acquista man mano una sua propria umanità e un pensiero autonomo fino a realizzare una vera e propria rivoluzione.
Cornice e contrappunto di tutto ciò sono il cinico Responsabile e l’avida Tutor, forgiati dal sistema e gratificati da innumerevoli promozioni che li hanno piegati e asserviti alle assurde logiche del profitto e dell’impersonalità aziendale. La recitazione meccanica procede a scatti e caratterizza fortemente questo videogame postmoderno che non è la realtà, però è la nostra realtà di giovani al tempo della crisi.
La compagnia Amor Vacui ha raccolto la sfida del contest Direction under 30 con entusiasmo e capacità, utilizzando un apparato scenico adeguato a veicolare la sua visione critica del mondo del lavoro, sebbene alla pars destruens del loro ragionamento non segua una proposta effettivamente costruttiva. Il crollo dello sfondo che rappresenta l’azienda si conclude infatti con un inseguimento e l’instaurarsi di una più onesta ma utopica relazione tra i personaggi che sembra alludere ad una decrescita felice, un nuovo ordine sorto dalle rovine dell’Azienda. Questo onirico e speranzoso finale propone una soluzione irrealizzabile al loop paralizzante del videogame, ed in questo sta la sua indispensabile funzione di spunto di riflessione: la cosa veramente necessaria non è giocare quanto mettersi in gioco.