B/RIDE: UNA STORIA D’AMORE CUCITA SU CORPI DI MARIONETTE
Bride in inglese vuol dire “sposa” e certo il primo pensiero va subito a “The Bride”, una sposa celeberrima della storia del cinema che, curiosamente, inizia anche per B: si tratta di Beatrix Kiddo di Kill Bill. E in effetti anche B, l’iniziale della protagonista che forma il titolo di B/RIDE di Anonima Sette, è una novella sposa che ha qualcosa da vendicare nei confronti di Pier, il suo sposo. B/RIDE, dunque: è proprio da questa ambiguità semantica fra B e Bride che prende il titolo lo spettacolo – ispirato al cortometraggio “Finché morte non ci separi” del regista argentino Damian Szifron – presentato da Anonima Sette e Martina Giusti nella prima giornata di Direction Under 30.
B. (Azzurra Lochi) e Pier (Simone Caporossi) potrebbero sembrare una coppia come tante appena accese le luci del Teatro Sociale Gualtieri – già suggestivo di per sé per evocare un’atmosfera da cabaret d’altri tempi e per non aver bisogno quindi di ulteriori elementi scenografici – ma già dai primissimi movimenti senza vita dei due, coadiuvati da Martina Giusti, è evidente che siamo davanti a una coppia di marionette intrappolate in abiti nuziali e in ruoli sociali – imposti da un imprecisato alto – che forse neanche loro desiderano interpretare fino in fondo: lo Sposo e la Sposa, pronti a recitare la favola del matrimonio felice. Quand’ ecco che la vita, inaspettata, travolgente, crudele, nel nome di una Marica qualsiasi (amante di Pier il giorno del suo matrimonio), verrà a turbare il fragile equilibrio di un romanticismo forzato à la Totti & Ilary; tutti i piani della giovane coppia saranno quindi scombinati in una comica e a tratti violenta escalation di tradimenti e vendette, facendo crollare maschere, aspettative, valori, nonché lo statuto convenzionale di “coppia”, l’unico modo per poter ricominciare da zero.
Sul palco spoglio del teatro attraversato solo da brevi e pertinenti intermezzi musicali, è Martina Giusti il demiurgo/la narratrice/l’interprete a due voci che si occuperà di muovere in tutto lo spazio i fili invisibili dei due attori-marionette – la cui muta ed efficace espressività del movimento riesce a ben contro-bilanciare l’accentuato istrionismo di Giusti – e le fila di una storia d’amore cucita sui corpi con tutte le sue relative fasi. Una storia come tante, quasi stereotipata ma che, grazie alla regia pulita ed equilibrata di Giacomo Sette, sfida la convenzionale forma-monologo, trasfigurandolo in una partitura a tre per movimento e voce e conferendogli quindi nuova linfa e originalità.
Così, solo affrontando l’inferno del tradimento, del dolore e della perdita i due protagonisti riusciranno infine a ri-conoscersi sotto una luce diversa, per trovare nel corpo una nuova verità – forse il momento più intenso dello spettacolo – che permetta loro di non essere più i fantocci di sé stessi, ma esseri umani in carne e ossa alle prese con la vita reale, con tutti i suoi ineliminabili difetti. E scelte sofferte.
Recensione allo spettacolo B/Ride
di Anonima Sette e Martina Giusti
a cura di
Sarah Curati