IL CONTOURING PERFETTO: I CONFINI ENTRO CUI (NON) VIVERE
In una scena completamente spoglia e buia, omogenizzata da una quintatura di fondale che nasconde la scenografia naturale del teatro Gualtieri, emerge la figura di Anita. Attraverso una recitazione fin da subito carica ma non eccessiva, Zoe Pernici estremizza volontariamente i tratti di un personaggio complesso ed immerso in una solitudine totale, per il quale il flusso di parole continuo e inarrestabile sembra essere l’unico rimedio. Anita è una youtuber che giorno dopo giorno prende la saggia e ragionata decisione di non uscire di casa, di consumare e sgretolare una vita costellata da infinite manie all’interno delle mura domestiche. Qualsiasi contatto con il mondo esterno è mediato dallo schermo di un computer e la sua migliore amica, Sam, non è altro che frutto della sua immaginazione.
L’arrivo della Signora, un ibrido difficilmente inquadrabile che oscilla tra la rappresentazione semplicistica del populismo spiccio e la paura più buia e profonda del mondo esterno, porta gradualmente Anita a perdere ogni contatto con la realtà e a credere nella teoria complottistica dei rettiliani. È qui che lo spettacolo delude le premesse iniziali: quello che avrebbe dovuto, nelle intenzioni, essere un crescendo introspettivo nella mente della protagonista si traduce in scena in una serie di spunti tematici e narrativi poco sviluppati, in un delirio mentale e spaziale che sempre più si allontana da una costruzione drammaturgica pensata e raffinata. I pochissimi riferimenti al passato di Anita e l’eccessiva complessità della trama fanno sì che il colpo di scena finale, la scoperta della morte del padre, risulti totalmente inaspettata e facilmente intercambiabile con qualsiasi altra tragedia familiare o calamità naturale. La volontà di fornire alla protagonista un passato tragico sembra quindi prevalere sulla funzionalità drammatica.
Nonostante le difficoltà testuali, Zoe Pernici ha saputo occupare il palco splendidamente senza l’ausilio di una scenografia di cui non si sente mai la mancanza. La solitudine, la sofferenza e la disperazione s’imprimono sul suo volto che, dapprima camuffato da smorfie e sorrisi sforzati, si mostra infine in tutta la sua fragilità. Ed è proprio all’interno di quel volto, in quel confine perfetto che dà il nome allo spettacolo, che si risolve la parabola tragica di Anita.
Recensione allo spettacolo Il contouring perfetto
di Domesticalchimia
a cura di
Valeria Venturelli