RESINA: MARMELLATA DI PIGNE E SEGNI SULLA SCENA

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Rinchiuse in uno spazio domestico organizzato secondo un preciso disegno fatto di panche di legno, lampade e cumuli di pigne, due sorelle vivono un rapporto di morbosa simbiosi. La più grande, ossessionata dall’amore per il conduttore di un telegiornale, riversa la propria frustrazione ai danni della sorella minore, affetta da apparenti disturbi mentali. La loro vita, dedicata a raccogliere pigne per farne una marmellata e a preparare da mangiare alla madre ormai morta, a cui le ragazze sono vincolate in un tormentato legame filiale, viene presto turbata dall’arrivo di una donna estranea, trovata addormentata e trascinata in casa dalla più piccola delle sorelle. Il suo ingresso sancisce l’inizio di una rapida deflagrazione di questo micro-universo familiare mentre in tv imperversa la notizia che l’aurora boreale, come una catastrofe, presto arriverà diffondendosi in tutto il mondo. Lungo gli schemi di un’incessante dialettica triadica, segnata dai repentini stravolgimenti dei rapporti di interdipendenza fra le dramatis personae, cambieranno le sorti della loro vita.

A Gualtieri la compagnia teatrale Resina ha presentato l’omonimo spettacolo – al debutto nazionale al Festival Direction Under 30 – frutto di un ambizioso progetto che pone al centro della sua riflessione importanti problematiche sociali tra cui la dipendenza affettiva nei rapporti interpersonali. L’ideazione e la costruzione di un ambiente ricco di elementi scenici dimostra l’indubbia originalità artigianale che muove il processo creativo. Partendo da materiali drammaturgici collettivi, ottenuti dalla sintesi del lavoro in sala prove e raccolti nel testo firmato da Antonio Raffaele Careddu – anche regista dello spettacolo – la storia si articola in un intreccio polifonico che tenta di restituire l’ossessività delle dinamiche emotive che coinvolgono le protagoniste grazie anche alla prova intensa offerta dalle attrici (Francesca Lozito, Chiara Poletti, Viola Sartoretto). Tuttavia lo spettacolo nella sua globalità presenta fragilità strutturali che ne compromettono in larga parte la fruizione: l’iniziale linearità narrativa lascia il posto a una costruzione immaginifica che oscura i passaggi concettuali attraverso cui viene disegnata la parabola esistenziale dei personaggi. Le questioni intorno alla presenza metaforica della madre morta, ai dissidi che determinano la rottura del patto familiare e alle cause che muovono l’evoluzione psicologica delle protagoniste non riescono a trovare uno sviluppo coerente durante la messinscena simulando una realtà ingannevole e fittizia nell’ambito dei rapporti umani. In questo senso l’elevata concentrazione di segni scenici accennati e lasciati irrisolti determina un vero e proprio corto circuito fra forma e contenuto depotenziando l’azione drammatica fino a svilirne il senso ultimo.

 

Recensione allo spettacolo Resina
della compagnia Resina
a cura di

Edoardo Borzi