Recensione: “Her-on | Dall’immagine all’azione e viceversa”
Quinta legge: I bisogni, gli istinti, gli impulsi e i desideri tendono a produrre le immagini, le idee e le emozioni corrispondenti. Immagini ed idee, a loro volta suggeriscono le azioni corrispondenti.
(Roberto Assagioli, L’atto di volontà)
Il secondo giorno di Direction Under 30 al Teatro Sociale di Gualteri si chiude con Her-on di Giulia Spattini, vincitore del Premio della Critica 2019.
Un profilo nero si staglia nel buio del palco, è quello di un becco giallo. Ma prima del corpo flessuoso di Giulia Spattini – interprete, ideatrice e regista – sono le proiezioni video alle sue spalle a parlarci di questo androgino airone, metafora della fase liminare di crescita. Video in verticale, di una delicata ironia e spesso anche ricercatamente amatoriali – tanto da ricordare un videoclip indie – inframezzano le minimali coreografie ideate da Alessandro Pellacchi. A dettare il ritmo dello spettacolo è il cortocircuito che si crea tra azione e immagine proiettata, in cui l’azione rimanda al video, il video interrompe l’azione ma la narrazione è continua e lo scarto tra il proiettato travestimento e la rappresentazione in tempo reale è pressoché nullo.
La ricerca di un’armonia in ogni scelta registica – dal ritmo costante all’utilizzo puntuale degli oggetti di scena fino al colore dei vestiti – e di un’autentica leggerezza sembra quasi essere adottata come bandiera in Her-on: in quaranta minuti il tema unitario del rito di passaggio viene reso attraverso un paio di monologhi al microfono e da poche – ma concrete – immagini. Dalla muta di un serpente a un vaso che precipita frantumandosi e facendo irrompere improvvisamente sul palco l’infanzia. La performer si blocca, interrotta nuovamente dalla proiezione, in questa fase di margine tra età adulta e fanciullezza. Il linguaggio comune delle riprese in vhs dei nostri genitori rende possibile che uno spettacolo così semplice ma preciso come Her-on ci riconnetta a ricordi personali. I due performer di Balletto Civile riescono infatti ad uscire dal quadro strettamente biografico, che motiva le scelte musicali (dalla Geisha di Carmen Consoli alla musica popolare messicana con Cielito Lindo), per toccare corde universali, forse anche complice una certa dose di “non detto”, una mancata esplicitazione drammaturgica di ogni scena che rende lo spettacolo medium per ciascuno di esperienze personali.
Eva Olcese
Visto al Teatro Sociale di Gualtieri il 20.07.2019