Cani
mer. 12 / 7 / 2017
ore 21.30
Cani
Vincenzo Manna
Prima nazionale
Una postazione di alta montagna al confine tra due paesi differenti per etnia e religione. Due soldati a guardia di un passaggio di frontiera. Dopo due anni di isolamento K., il più anziano dei due, si imbatte in un uomo e, convinto che sia una spia, lo imprigiona. Subito dopo, anche una ragazzina raggiunge la postazione. Dice di essere la figlia dell’uomo, c’è stato uno scambio di persona, suo padre è solamente un pastore. Ma K. non le crede e imprigiona anche lei.
Il lavoro nasce come un esperimento puramente drammaturgico intorno alla figura di K., personaggio creato da Kafka ne Il Castello, e diventato negli anni topos letterario, tanto da dare vita a una lunga tradizione che va da Kafka, appunto, alla Kristof (Trilogie des jumeaux) e Coetzee (Life & Times of Michael K), coprendo un arco di quasi due secoli. Il personaggio di K. ha assunto nel tempo molteplici sfumature: si è passati dal perseguitato kafkiano, all’uomo dall’identità scissa della Kristoff, fino ad arrivare al miserabile ritardato di Coetzee. Ma ne è sempre evidente l’origine comune, l’appartenenza alla stessa radice, a una sorta di archetipo che fa di K. l’exemplum dell’uomo comune in lotta contro nemici ineluttabili contro i quali alla fine non può che soccombere.
Cani, si inserisce in questa tradizione. Riprende il personaggio creato da Kafka e lo fa diventare un soldato di leva. Questa condizione umile è un tratto tipico dei vari K. alternatisi negli anni sulla scena letteraria. In Cani, però, per la prima volta vediamo un K. animale, violento, che cede irreversibilmente alle pulsioni più profonde, quelle che solo “secoli” di rabbia e frustrazione possono scatenare. Il K. di Cani è un personaggio scomodo, ributtante, che non potendo distruggere un nemico che non c’è, finisce per distruggere tutto ciò che gli sta intorno e, ancora non pago, culmina questo orgasmo distruttivo, in una delirante distruzione di sé stesso. E’ quella la fine ideale che suggella e innalza fino al sacrificio, l’impotenza di un uomo che non è riuscito a trovare risposta alle domande di senso e significato che si è posto. Cani, testo inserito nell’antologia New Writing Italia. Dieci pezzi non facili di teatro (Editoria& Spettacolo), finalista al Premio Borrello 2010, vincitore del CassinOff 2014, debutta: un lento scivolare nella follia, una progressiva degenerazione della mente e del corpo, un disperato tentativo di sopravvivenza al cospetto di una natura maestosa che, nella sua immutabilità, può essere solo spettatrice dell’incredibile violenza umana.
regia e testo Vincenzo Manna
con Aram Kian, Daniele Amendola, Caterina Marino
disegno luci Paride Donatelli
costumi Vincenzo Manna
assistente alla regia Elisabeth McCreton
scene Teresa Fano
direzione di produzione Alessia Esposito
comunicazione Benedetta Boggio
una produzione 369gradi
con il sostegno di Florian Metateatro, CapoTrave/Kilowatt, Ass. Kanterstrasse/Diffusioni, Teatro Sociale di Gualtieri