Chi ha ucciso mio padre
TERRENI FERTILI FESTIVAL / NUOVE PRODUZIONI
Chi ha ucciso mio padre
TERRENI FERTILI FESTIVAL / NUOVE PRODUZIONI
Deflorian/Tagliarini
Chi ha ucciso mio padre
Quando
mercoledì 28 giugno
ore 21.30
Dove
Teatro Sociale di Gualtieri
Durata
90 minuti
Biglietteria / Prenotazioni
Intero > 15 €
Ridotto under 30 > 10 €
Ridotto under 14 > 5 €
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Chi ha ucciso mio padre è il racconto autobiografico di Édouard Louis, giovane scrittore e intellettuale riconosciuto come autentico caso letterario in Francia. Con prosa lucida e incisiva, Louis offre un’analisi bruciante e accorata del rapporto tra dominati e dominanti, della lotta di classe nel nostro presente, ricercando gli assassini di un padre appartenente a una classe operaia condannata all’obsolescenza e alla marginalità. Interpretato da Francesco Alberici, Chi ha ucciso mio padre è la lettera con cui un figlio omosessuale consegna il padre – ossessionato dal maschile e dalla consapevolezza di essere a sua volta un emarginato – a morte prematura: un decesso causato dalle leggi e dalle regole di un potere che ha smesso di guardare in faccia le persone che espelle quando sono di troppo.
Per la prima volta registi invece che autori e interpreti dei loro spettacoli, Daria Deflorian e Antonio Tagliarini portano in scena il testo di un autore con cui condividono affinità importanti, a cominciare dalla relazione tra vita e finzione e il faticoso rapporto tra il singolo individuo e la società.
Note di regia
Il ’68 i padri li voleva uccidere – così si diceva. Quarant’anni dopo – nelle pagine di un testo dettato non dalle esigenze della letteratura, ma da quelle della necessità e dell’urgenza, da quelle del fuoco (sono parole dello stesso Édouard Louis) – uno scrittore di 26 anni si mette in caccia degli assassini del padre e li scopre tra i dominanti, ma soprattutto rimette all’ordine del giorno della scrittura le vite di cui nessuno vuole più sentir parlare, le nude vite di coloro a cui il potere toglie qualunque protezione. Il miracolo è che questo atto d’accusa non rende meno toccante la kafkiana “lettera al padre” in cui il figlio dà ripetutamente del tu all’uomo che per anni gli ha negato ogni confronto, eludendo in tal modo il confronto con sé stesso. Cercandolo e trovandolo dove lui non sa nemmeno di essere, nelle profondità di una vocazione subito espropriata dalle dure leggi di una condizione sociale che da sempre è anche un’ideologia, un aspetto della dominazione. Che sia la parola “rivoluzione” – detta dal padre – l’ultima parola del testo, può far riflettere: una fortissima inquietudine corrode il cuore della Francia profonda (e non solo).
Ma è più interessante chiedersi cosa è accaduto nel frattempo. E cosa è accaduto Louis lo racconta, quasi fiabescamente in una pagina di questo dialogo per voce sola: «Un giorno, in autunno – scrive – erano stati aumentati di quasi cento euro gli aiuti per il nuovo anno scolastico. Erano versati ogni anno alle famiglie per aiutarle a comprare la cancelleria, i quaderni, le cartelle. Eri pazzo di gioia, avevi gridato in soggiorno: andiamo al mare, e siamo andati in sei nella nostra macchina da cinque… Tutto il giorno è stato una festa. Non ho mai visto le famiglie che hanno tutto andare al mare per festeggiare una decisione politica, perché la politica per loro non cambia quasi nulla».
La vera differenza, in questo scarno e incisivo racconto di un padre e di un figlio rispetto a quelli che si sono succeduti nella storia della letteratura, sta proprio nella scena in cui si svolge: dentro una classe operaia ormai condannata all’obsolescenza dalla voga liberista dove un figlio omosessuale se la deve vedere con un padre ossessionato dal maschile e dalla consapevolezza di essere a sua volta un emarginato, un dominato, un perdente, proprio come le persone che più odia e a cui più teme di rassomigliare, gli arabi, le donne, gli effeminati.
C’è una premessa, una definizione che Louis versa sul suo racconto come un liquido di contrasto che lo fa cambiare di colore: alla domanda su cosa significhi per lei la parola razzismo – scrive colui che anche da scrittore resta un allievo spirituale della sociologia di Pierre Bourdieu – l’intellettuale americana Ruth Gilmore risponde che il razzismo «è l’esposizione di certe popolazioni a una morte prematura». È una definizione che nel seguito del racconto è destinata a esplodere come una carica a rilascio lento, con una violenza di denuncia e con una forza vendicatrice a cui la letteratura sembra aver da tempo rinunciato: il padre viene consegnato a una morte prematura non da un precario sé stesso che non ha mai avuto la possibilità di illuminare, ma dalle leggi e dalle regole di un potere che ha smesso di guardare in faccia le persone che espelle quando sono di troppo.
Scrittore che visibilmente guarda al teatro, Édouard Louis diventa per noi il logico passaggio verso una drammaturgia performativa che guarda sempre di più alla letteratura: abituati a portare in scena le nostre parole e il nostro vissuto – distillati attraverso il lungo percorso di prove – per la prima volta abbiamo scelto di affidarci al testo di un altro con cui condividiamo alcune affinità fondamentali. A cominciare, ovviamente, dalla relazione tra vita e finzione. E per compiere un’altra tappa nella ricerca che da tempo ci accompagna sui legami tra figura e sfondo, tra esperienza singolare ed esperienza collettiva. Scegliendo Francesco Alberici come interprete abbiamo cercato la massima distanza possibile dal mimetismo con la voce che in Chi ha ucciso mio padre parla in prima persona. Non è nella somiglianza che cerchiamo un piano di verità tra questa storia e il pubblico, ma nella possibilità, aperta dalla didascalia iniziale del testo di raccontare la storia di tutti noi attraverso una storia di uno solo. La nostra regia e l’interpretazione di Francesco Alberici non saranno altro che lo sviluppo ulteriore di un cantiere dove da molto tempo lavoriamo insieme.
testo di Édouard Louis
regia Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
con Francesco Alberici
adattamento italiano Francesco Alberici, Daria Deflorian, Antonio Tagliarini
collaborazione all’adattamento Attilio Scarpellini
disegno luci Giulia Pastore
disegno suono Emanuele Pontecorvo
tecnico luci e audio Alessio Troya
costumi Metella Raboni
assistenza alla regia Chiara Boitani
collaborazione artistica Andrea Pizzalis
produzione Index Muta Imago
amministrazione organizzazione e produzione Grazia Sgueglia, Silvia Parlani, Valentina Bertolino
una produzione A.D., Teatro di Roma Teatro Nazionale, Emilia Romagna Teatro Fondazione, TPE Teatro Piemonte Europa / Festival delle Colline Torinesi, FOG Triennale Milano Performing Arts
Francesco Alberici Premio Ubu 2021 Migliore attore/performer under 35
Qui a tué mon pére, copyright ©2018, Edouard Louis. All rights reverved Edouard Louis
Chi ha ucciso mio padre, traduzione di Annalisa Romani, © 2019 Giunti Editore S.p.A./Bompiani
fotografie Luca Del Pia
Proposte di lettura a cura di KaffèKlubben
La libreria sarà presente per questo appuntamento con il suo book corner!
Édouard Louis, Metodo per diventare un altro, La nave di Teseo,2023
Édouard Louis, Chi ha ucciso mio padre, Bompiani, 2019
Édouard Louis, Farla finita con Eddy Bellegueule, Bompiani, 2013
Vulca Fidolini, Fai l’uomo, Meltemi, 2019
Alberto Pellai, Ragazzo mio, lettera agli uomini veri di domani, De Agostini, 2023
Quando
mercoledì 28 giugno
ore 21.30
Dove
Teatro Sociale di Gualtieri
Biglietti e altre informazioni
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Chi ha ucciso mio padre è il racconto autobiografico di Édouard Louis, giovane scrittore e intellettuale riconosciuto come autentico caso letterario in Francia. Con prosa lucida e incisiva, Louis offre un’analisi bruciante e accorata del rapporto tra dominati e dominanti, della lotta di classe nel nostro presente, ricercando gli assassini di un padre appartenente a una classe operaia condannata all’obsolescenza e alla marginalità. Interpretato da Francesco Alberici, Chi ha ucciso mio padre è la lettera con cui un figlio omosessuale consegna il padre – ossessionato dal maschile e dalla consapevolezza di essere a sua volta un emarginato – a morte prematura: un decesso causato dalle leggi e dalle regole di un potere che ha smesso di guardare in faccia le persone che espelle quando sono di troppo.
Per la prima volta registi invece che autori e interpreti dei loro spettacoli, Daria Deflorian e Antonio Tagliarini portano in scena il testo di un autore con cui condividono affinità importanti, a cominciare dalla relazione tra vita e finzione e il faticoso rapporto tra il singolo individuo e la società.
Note di regia
Il ’68 i padri li voleva uccidere – così si diceva. Quarant’anni dopo – nelle pagine di un testo dettato non dalle esigenze della letteratura, ma da quelle della necessità e dell’urgenza, da quelle del fuoco (sono parole dello stesso Édouard Louis) – uno scrittore di 26 anni si mette in caccia degli assassini del padre e li scopre tra i dominanti, ma soprattutto rimette all’ordine del giorno della scrittura le vite di cui nessuno vuole più sentir parlare, le nude vite di coloro a cui il potere toglie qualunque protezione. Il miracolo è che questo atto d’accusa non rende meno toccante la kafkiana “lettera al padre” in cui il figlio dà ripetutamente del tu all’uomo che per anni gli ha negato ogni confronto, eludendo in tal modo il confronto con sé stesso. Cercandolo e trovandolo dove lui non sa nemmeno di essere, nelle profondità di una vocazione subito espropriata dalle dure leggi di una condizione sociale che da sempre è anche un’ideologia, un aspetto della dominazione. Che sia la parola “rivoluzione” – detta dal padre – l’ultima parola del testo, può far riflettere: una fortissima inquietudine corrode il cuore della Francia profonda (e non solo).
Ma è più interessante chiedersi cosa è accaduto nel frattempo. E cosa è accaduto Louis lo racconta, quasi fiabescamente in una pagina di questo dialogo per voce sola: «Un giorno, in autunno – scrive – erano stati aumentati di quasi cento euro gli aiuti per il nuovo anno scolastico. Erano versati ogni anno alle famiglie per aiutarle a comprare la cancelleria, i quaderni, le cartelle. Eri pazzo di gioia, avevi gridato in soggiorno: andiamo al mare, e siamo andati in sei nella nostra macchina da cinque… Tutto il giorno è stato una festa. Non ho mai visto le famiglie che hanno tutto andare al mare per festeggiare una decisione politica, perché la politica per loro non cambia quasi nulla».
La vera differenza, in questo scarno e incisivo racconto di un padre e di un figlio rispetto a quelli che si sono succeduti nella storia della letteratura, sta proprio nella scena in cui si svolge: dentro una classe operaia ormai condannata all’obsolescenza dalla voga liberista dove un figlio omosessuale se la deve vedere con un padre ossessionato dal maschile e dalla consapevolezza di essere a sua volta un emarginato, un dominato, un perdente, proprio come le persone che più odia e a cui più teme di rassomigliare, gli arabi, le donne, gli effeminati.
C’è una premessa, una definizione che Louis versa sul suo racconto come un liquido di contrasto che lo fa cambiare di colore: alla domanda su cosa significhi per lei la parola razzismo – scrive colui che anche da scrittore resta un allievo spirituale della sociologia di Pierre Bourdieu – l’intellettuale americana Ruth Gilmore risponde che il razzismo «è l’esposizione di certe popolazioni a una morte prematura». È una definizione che nel seguito del racconto è destinata a esplodere come una carica a rilascio lento, con una violenza di denuncia e con una forza vendicatrice a cui la letteratura sembra aver da tempo rinunciato: il padre viene consegnato a una morte prematura non da un precario sé stesso che non ha mai avuto la possibilità di illuminare, ma dalle leggi e dalle regole di un potere che ha smesso di guardare in faccia le persone che espelle quando sono di troppo.
Scrittore che visibilmente guarda al teatro, Édouard Louis diventa per noi il logico passaggio verso una drammaturgia performativa che guarda sempre di più alla letteratura: abituati a portare in scena le nostre parole e il nostro vissuto – distillati attraverso il lungo percorso di prove – per la prima volta abbiamo scelto di affidarci al testo di un altro con cui condividiamo alcune affinità fondamentali. A cominciare, ovviamente, dalla relazione tra vita e finzione. E per compiere un’altra tappa nella ricerca che da tempo ci accompagna sui legami tra figura e sfondo, tra esperienza singolare ed esperienza collettiva. Scegliendo Francesco Alberici come interprete abbiamo cercato la massima distanza possibile dal mimetismo con la voce che in Chi ha ucciso mio padre parla in prima persona. Non è nella somiglianza che cerchiamo un piano di verità tra questa storia e il pubblico, ma nella possibilità, aperta dalla didascalia iniziale del testo di raccontare la storia di tutti noi attraverso una storia di uno solo. La nostra regia e l’interpretazione di Francesco Alberici non saranno altro che lo sviluppo ulteriore di un cantiere dove da molto tempo lavoriamo insieme.
fotografie Luca Del Pia
testo di Édouard Louis
regia Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
con Francesco Alberici
adattamento italiano Francesco Alberici, Daria Deflorian, Antonio Tagliarini
collaborazione all’adattamento Attilio Scarpellini
disegno luci Giulia Pastore
disegno suono Emanuele Pontecorvo
tecnico luci e audio Alessio Troya
costumi Metella Raboni
assistenza alla regia Chiara Boitani
collaborazione artistica Andrea Pizzalis
produzione Index Muta Imago
amministrazione organizzazione e produzione Grazia Sgueglia, Silvia Parlani, Valentina Bertolino
una produzione A.D., Teatro di Roma Teatro Nazionale, Emilia Romagna Teatro Fondazione, TPE Teatro Piemonte Europa / Festival delle Colline Torinesi, FOG Triennale Milano Performing Arts
Francesco Alberici Premio Ubu 2021 Migliore attore/performer under 35
Qui a tué mon pére, copyright ©2018, Edouard Louis. All rights reverved Edouard Louis
Chi ha ucciso mio padre, traduzione di Annalisa Romani, © 2019 Giunti Editore S.p.A./Bompiani
Durata
90 minuti
Biglietteria / Prenotazioni
Intero > 15 €
Ridotto under 30 > 10 €
Ridotto under 14 > 5 €
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Proposte di lettura a cura di KaffèKlubben
La libreria sarà presente per questo appuntamento con il suo book corner!
Édouard Louis, Metodo per diventare un altro, La nave di Teseo,2023
Édouard Louis, Chi ha ucciso mio padre, Bompiani, 2019
Édouard Louis, Farla finita con Eddy Bellegueule, Bompiani, 2013
Vulca Fidolini, Fai l’uomo, Meltemi, 2019
Alberto Pellai, Ragazzo mio, lettera agli uomini veri di domani, De Agostini, 2023