I fatti occorsi fra
il 2006 e il 2009
La riapertura
I fatti occorsi fra
il 2006 e il 2009
Nell’autunno del 2005 un gruppo di ragazzi alla soglia dei 20 anni varca per la prima volta i cancelli che da quasi 30 anni chiudono le porte del Teatro Sociale di Gualtieri: è una folgorazione. Il Teatro nonostante la mancanza del palcoscenico è uno spazio magnifico, con infinite potenzialità. Immediatamente si inizia a sognare di riaprirlo al pubblico. Il primo evento non può che essere nel segno della provocazione: il teatro è in vendita...
La vendita del teatro
Nell’autunno del 2005, un gruppo di amici che con il nome di Piccolo Teatro Instabile costruiva esperimenti e spettacoli teatrali in provincia, entra per la prima volta nello spazio abbandonato del Teatro Sociale di Gualtieri. Immediatamente, le ragioni per cui questo fatto avviene vengono superate da ciò che accade da quel momento in avanti. Il Teatro ha un potere suggestivo enorme, una meraviglia pure in rovina, forse proprio perchè rovina, desolato e sventrato come viene ritrovato, ha una bellezza imprevedibile che folgora tutti. Il gruppo di ragazzi, che nel 2009 diventerà l’Associazione Teatro Sociale di Gualtieri, inizia ad abitare questo spazio e subito progetta il sogno di riaprirlo.
Da subito appare comune il pensiero che il teatro può essere utilizzato così com’è. Proposte ed idee per un utilizzo immediato del teatro cominciano ben presto a ribollire e si coagulano in una serie di lavori in vista del primo obiettivo da raggiungere: ridare luce al Teatro Sociale di Gualtieri e riaprirne al più presto le porte. Fervono i lavori: si spalano carriole di ghiaia e terra cercando di livellare il più possibile il terreno, viene costruito un impianto elettrico volante per illuminare nuovamente platea e palchetti, viene portato in teatro un pianoforte… Nel trambusto si sollevano nuvole di polvere: è il Teatro che riprende a respirare.
Sono mesi di occupazione clandestina, tra il tacito consenso dell’Amministrazione Comunale e la curiosa impazienza di coloro che sanno che tra i muri dell’ala nord di Palazzo Bentivoglio finalmente ferve qualcosa. Si lavora anche di notte, si fanno prove, si scrive e soprattutto si discute della riapertura del teatro.
Gli ultimi giorni di luglio 2006 sono percorsi dai brividi dell’Amministrazione Comunale e dal clamore destato dalla notizia che è stata indetta un’asta pubblica per la vendita del teatro e dei suoi arredi. L’Amministrazione è sommersa dalle proteste dei cittadini, ad un tratto nuovamente memori che il Teatro Sociale giace inutilizzato, mentre qualcuno comincia ad interessarsi seriamente all’acquisto dell’immobile.
La sera del 27 luglio le porte vengono riaperte: il delegato di un’agenzia immobiliare di Milano incaricata della vendita, raccoglie la folla in piazza e la introduce all’interno del teatro. Dentro, però, tutto si ribalta. Le oltre 300 persone che si sono date appuntamento, improvvisamente si trovano di fronte le Arti che da sempre abitano lo spazio. Musica, Poesia, Letteratura, Scultura, Pittura, Danza, si avvicendano nei palchetti, sulle scale, dietro le colonne, in ogni angolo, chiamano in causa direttamente la folla, chiedono di ribellarsi all’abominio della vendita, raccontano dell’importanza di un luogo pubblico come il teatro, raccontano la loro importanza, pronte ad un suicidio collettivo nel caso in cui nessuno risponda all’appello di rivolta: il teatro al teatro, alla cittadinanza. Il battitore d’asta dell’agenzia immobiliare è sconvolto, il pubblico è chiamato a scegliere. Senza troppe esitazioni qualcuno si fa avanti, risponde. Gli viene consegnata una pistola, sparare alle Arti o sparare al battitore d’asta. Il battitore d’asta cade a terra, con un piccone viene abbattuto un muro che chiude una delle porte del teatro, entra luce, le arti sono in piedi, il teatro è riaperto.
Dopo la provocatoria messa in vendita del teatro il sogno si fa ambizioso: si vuole fare del teatrino storico di inzio Novecento un luogo di teatro contemporaneo, uno spazio flessibile ed innovativo. Trasformare il sogno in realtà è un lavoro durissimo disseminato di enormi difficoltà, ciononostante il 6 giugno del 2009 il teatro finalmente riapre i battenti con una rassegna di quasi venti serate.
2006 – 2009, I lavori e la riapertura
Dopo la provocatoria asta per la vendita del Teatro, per l’Associazione comincia un lungo periodo di riflessione sulle reali possibilità di una riapertura continuativa dell’edificio. In molti, da fuori, scoraggiano i progetti immaginati: “Ragazzi voi sognate”. E in effetti, la riapertura del teatro, che rimane un cantiere inagibile, è un sogno che appare irrealizzabile.
Ci si rende conto che l’unico modo per poter spalancare nuovamente le porte del teatro è dimostrare concretamente che è possibile utilizzarlo nelle condizioni in cui si trova, senza palcoscenico, rovesciato al contrario.
Cominciano i primi lavori sistematici, nella speranza, un giorno, di poter vedere un pubblico varcare abitualmente le soglie del teatro. È come procedere al buio. L’Amministrazione acconsente a qualche lavoro, ma non ha soldi da spendere per i materiali: l’Associazione provvede a recuperarli da sé. Si lavora senza sapere se mai sarà infine concesso di aprire nuovamente il teatro, con l’incognita che un giorno possano arrivare finanziamenti attesi per pesanti opere di ristrutturazione, che renderebbero completamente inutile quanto fatto fin lì.
Il primo lavoro da fare è quello di consolidare l’assito ligneo della platea, completarlo dove è mancante e, infine, prolungarlo di quattro metri facendolo digradare sino al livello dove si prevede un giorno di sistemare le sedute per il pubblico. È un lavoro molto impegnativo: prima vengono costruite piccole colonnine in muratura che affondano mezzo metro nel terreno, poi su queste viene intessuta l’orditura di travi e travetti, infine sono avvitate le assi.
Il secondo lavoro da fare è cercare di rendere uniforme il terreno nella zona dove un tempo era costruito il palcoscenico e dove ora si trovano solo poche murature dirute. Si scava, si pulisce, si portano via carriole di materiale e improvvisamente vengono scoperte le antiche pavimentazioni cinquecentesche del palazzo. Comincia un lavoro di pulizia attentissimo, i pezzi che si staccano vengono riposizionati esattamente al loro posto, in una sorta di gigantesco puzzle in cui si tenta di ricostruire l’immagine dell’epoca di corte dei Bentivoglio.
Sono lavori che procedono lentamente, nei ritagli di tempo, nei fine settimana: tante volte si lavora il sabato, si rimane sino a tarda sera, si finisce per mangiare qualcosa in teatro.
Nell’inverno del 2008, il gruppo chiama l’Amministrazione in teatro per far vedere quello che è stato fatto e i lavori mostrano uno spazio molto diverso: ora un po’ di collaborazione e il teatro potrà essere riaperto. La proposta è la seguente: l’Amministrazione si impegna all’installazione di un impianto elettrico a norma e alle pratiche per l’agibilità dello spazio, mentre il gruppo, che si formalizza in Associazione, si impegna a organizzare una rassegna teatrale estiva senza gravare economicamente sul bilancio comunale.
Per l’Amministrazione è una scommessa coraggiosa: investire su un gruppo di ventenni che, al di là di ogni ragionevole considerazione, vogliono organizzare una stagione di spettacoli in uno spazio che, al di là dei lavori fatti, rimane un cantiere malmesso. Vuol dire mettere il proprio nome su un’impresa folle, che potrebbe fallire da un momento all’altro. I tempi oltretutto sono strettissimi: meno di sei mesi. L’inaugurazione infatti è prevista per giugno. Il sindaco perplesso dice: “giugno è domani”. Ma alla fine accetta.
foto navigabile 360° – 2009, Teatro Sociale Gualtieri, stato di fatto
Comincia la corsa contro il tempo. Mentre da una parte si costruisce il programma della rassegna e si cercano i fondi necessari per sostenerlo, dall’altra si progetta l’impianto elettrico a tavolino con elettricista e ingegnere. Mentre si concordano le date con gli artisti, si costruisce anche la cabina di regia, si rimontano le porte, le finestre, le inferriate, vengono costruiti il banco ed il pavimento della biglietteria, vengono progettate e montate le staffe di sostegno per i fari di scena, vengono progettati e montati cancelli, gradini, la rampa per i disabili… è un movimento a trecentosessanta gradi in cui ognuno impegna le proprie competenze per raggiungere un unico grande obiettivo.
Mancano quindici giorni all’inaugurazione. Bisogna levigare tutta la platea e verniciarla, montare dei pannelli fonoassorbenti sulle porte per respingere i rumori provenienti dall’esterno, occorre finire il banco di biglietteria, montare le insegne, lavorare ancora sui pavimenti e sulla rampa dei disabili… Tra le altre cose, non è ancora finito l’impianto elettrico e l’azienda erogatrice di energia, che muove dannatamente più lenta, non ha ancora provveduto alla fornitura elettrica.
È il momento della crisi: non si vede la fine, tutto sembra andare a rotoli. Come se non bastasse, uno dei partner che aveva promesso una sponsorizzazione in grado di sostenere più della metà di tutta la rassegna, comunica all’Associazione che la cifra promessa non arriverà.
A questo punto si procede al limite della fibrillazione: si lavora tutto il giorno, tutti i giorni, sino a notte fonda, e intanto si cercano nuove sponsorizzazioni. Si prosegue con questo ritmo sino alla notte del 5 di giugno, vigilia dell’apertura, e alle quattro di notte è montata l’ultima insegna. Il teatro, così sembra, è pronto per la riapertura.