Il Teatro Sociale di Gualtieri, grazie alla sua struttura e ai lavori portati avanti dall’Associazione che lo ha riaperto presenta la possibilità di essere utilizzato come struttura sperimentale e d’avanguardia, come spazio flessibile capace di accogliere dagli spettacoli di teatro d’innovazione ai concerti.
IL TEATRO OGGI
Il Teatro Sociale di Gualtieri è stato riaperto nel 2009 dall’Associazione che ne porta il nome, dopo quasi 30 anni di abbandono.
Negli anni ’80 in seguito a importanti lavori di consolidamento strutturale è stato privato completamente del palcoscenico originario: questa mancanza, che impedisce un utilizzo convenzionale degli spazi, può essere considerata un limite considerevole; nella realtà essa apre molte più possibilità di quelle che chiude.
Il teatro rovesciato
La platea convenzionalmente adibita al pubblico diviene ad un tratto palcoscenico per attori e musicisti, e nel luogo dove un tempo vi era il palcoscenico sono catapultati improvvisamente gli spettatori. È un rovesciamento fisico e concettuale allo stesso tempo. La struttura a palchetti del teatro si trasforma istantaneamente in scena fissa come era nei primi teatri del Cinquecento, dal Teatro Olimpico di Vicenza di Palladio al Teatro di Sabbioneta dello Scamozzi, e le performance degli attori si sviluppano ora, oltre che sul piano orizzontale, anche su quello verticale.
Siamo di fronte ad una rifunzionalizzazione eterodossa e dissacrante del teatro all’italiana mossa da un’idea altra del fare teatro. Il ferro di cavallo viene piegato verso nuove forme di utilizzo e la rappresentazione perde i connotati di piccolo rito borghese per acquisirne immediatamente di nuovi.
Ribaltare di colpo lo spazio teatrale diviene un modo per instaurare un nuovo rapporto dialettico con la storia ripensando in chiave moderna il teatro all’italiana, un modo per ricomporre il dissidio tra i teatri storici e le rappresentazioni di teatro contemporaneo.
L’alternativa a un restauro totale
Alla scelta del ribaltamento si affianca quella di mantenere il Teatro Sociale al suo stato attuale, non solo evitando di ricostruirne il palcoscenico, ma evitando qualunque opera di restauro delle decorazioni, dei velluti, degli intonaci, ed ogni intervento teso a riportare il teatro alle sue condizioni primigenie, con processi che rischiano fortemente la falsificazione.
Il Teatro Sociale di Gualtieri appare esploso, come fosse stato sventrato da un bombardamento in tempi di guerra, restaurarlo per ridargli la veste di un tempo non soddisfacendo altro che la nostalgia, può essere rischioso: ci si potrebbe trovare tra le mani la “tassidermia” di un teatro invece che un teatro vero e proprio. Un oggetto bello da vedere, ma impossibile da utilizzare.
Tutti gli interventi portati avanti dall’Associazione che ha riaperto il Teatro Sociale di Gualtieri si configurano dunque come interventi di “riabilitazione funzionale”, interventi leggeri, progettati con lo scopo di non modificare le attuali condizioni dello spazio teatrale.
“Quando si restaura un teatro in rovina, abbandonato o totalmente distrutto dal fuoco bisogna mantenerlo identico? In passato teatri come quelli di Francoforte, Brest, Barcellona, Venezia, Bari ecc. sarebbero stati restaurati? Il Théâtre des Bouffes du Nord a Parigi e l’Harvey/Majestic a New York verranno un giorno restaurati? Alla lunga la distanza tra il mondo contemporaneo e l’estetica di questi teatri d’altri tempi andrà aumentando, e un giorno molti non saranno probabilmente altro che musei.”
Jean-Guy Lecat
Jean-Guy Lecat, scenografo e collaboratore di alcuni tra i più grandi drammaturghi e registi del mondo da Beckett a Dario Fo, da Ronconi a Peter Brooks, pronunciava queste parole durante le giornate di studio di Architettura & Teatro, convegno tenutosi a Reggio Emilia dal 2004 al 2006 al Teatro Cavallerizza. Lecat mette in guardia rispetto ai rischi di quelli che potremmo definire “restauri totali”, che altro non sono che veri e propri processi di “museificazione”.
La volontà di difendere il teatro da “restauri totali” non significa opporsi ad opere di restauro parziali, a consolidamenti e a una progressiva rifunzionalizzazione degli spazi del teatro. Al contrario, l’Associazione Teatro Sociale di Gualtieri lavora proprio in questa direzione.
Uno dei progetti messi in campo in questi anni per riqualificare il teatro è Cantiere Aperto, iniziato nel 2011 con l’idea di un teatro che, come una nave, ormeggia in rada per la manutenzione.
Nel convegno Architettura & Teatro oltre i problemi del restauro, furono discusse le caratteristiche che dovrebbero avere i teatri per ospitare gli spettacoli di oggi. Furono analizzati tra gli altri proprio i problemi legati al fare rappresentazioni contemporanee nei teatri all’italiana. In particolare la tipologia del teatro all’italiana, con platea, palchetti e palcoscenico presenta una separazione tra pubblico e scena che il teatro contemporaneo ha già demolito da tempo.
A Gualtieri utilizzare il teatro a rovescio può essere un modo per risolvere anche questo problema: facendo digradare l’assito ligneo della platea sino al piano di calpestio dove un tempo sorgevano le strutture di sostegno del palcoscenico e dove ora vengono disposte le poltrone, si elimina ogni barriera tra sala e scena e si mettono in relazione direttamente performers e spettatori.
Per altri versi un teatro flessibile
Nell’ottica di mantenere il Teatro Sociale di Gualtieri aperto alle multiformi esigenze del teatro contemporaneo è stata prevista anche la possibilità di un utilizzo degli spazi nel verso “tradizionale”: pubblico in platea e attori e musicisti nella zona dove un tempo era il palcoscenico. Anche in questo caso sullo sfondo si sviluppa una sorta di scena fissa col magnifico arco a sesto acuto che titanicamente regge il peso del tetto, mentre le antiche strutture murarie del palazzo divengono delle specie di quinte “naturali”. Ne risulta l’immagine di un teatro destrutturato.
Le strutture sceniche per luci, audio e regia sono state studiate proprio per potersi rovesciare e consentire il passaggio da un verso all’altro molto velocemente, tanto che spesso sono gli artisti stessi poche ore prima dell’inizio della rappresentazione a scegliere come utilizzare lo spazio.